No one wants to be civilized. Questo è lo slogan della serie tv Britannia, attesa alla terza stagione. Per chi mastica l’inglese non c’è nemmeno il bisogno di dirlo, ma il significato della massima è sostanzialmente: “nessun vuol farsi civilizzare”. Ciò a maggior ragione se i “civilizzatori” sono gli antichi Romani, che ai discorsi e alle parole preferiscono le battaglie e le azioni. Ne sono ben consapevoli i popoli celtici della Britannia, che nel 43 d.C. vennero letteralmente soverchiati dall’esercito di legionari e ausiliari condotti da Aulo Plazio, al quale l’imperatore Claudio – alla ricerca di un successo militare in modo da consolidare la sua fama e il suo status – affidò il compito di invadere l’isola.
Britannia: alle origini del mito
Partono proprio da qui le vicende rappresentate su schermo di Britannia. Il titolo originale del gruppo Sky, ambientato durante la campagna dell’esercito romano nel misterioso territorio che dà il nome all’opera stessa, capitanato da potenti Druidi e da donne guerriere. Tuttavia, uno dei punti di forza sta nella capacità di allettare un bacino di pubblico più eterogeneo. Non siamo, infatti, in presenza di una fedele ricostruzione storica in versione fiction.
Come ha spiegato a più riprese, Jez Butterworth, tra i creatori dello show la Storia in Britannia serve fondamentalmente da spunto per narrare uno scontro tra due mondi e due civiltà agli antipodi. Da una parte l’Antica Roma, letale e pragmatica ma non immune alle superstizioni. Sul fronte opposto le popolazioni celtiche, coese dalla spiritualità della natura e dalle tradizioni, ma incapaci di giocare di squadra contro il nemico.
Tutto il resto deriva dalla vivace fantasia degli sceneggiatori. Il risultato? Un racconto dai connotati decisamente punk e ribelle, focalizzato non tanto, per l’appunto, sugli aspetti storici, quanto semmai su quelli “di contorno”: chi erano i Druidi e le tribù celtiche dell’isola di allora, la mitologia e in che modo ogni cosa è cambiata in seguito all’invasione romana.
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